FABRIZIO ZAMPETTI

BENVENUTI A CASA MIA
TESTO ALESSANDRO FEROLDI – FOTO GIULIA MANTOVANI

Fabrizio Zampetti nasce e cresce a Roma. L’impronta della città caput mundi gli è rimasta addosso nonostante dentro sia diventato più milanese dei milanesi, quasi svizzero.

Ha passato la prima metà della vita a Roma e la seconda a Milano, trovandosi bene nel rigore calvinista della capitale morale. Ma, e qui ci vuole un grosso ‘ma’, romano rimarrà sempre, anche se sicuramente non lascerà mai Milano. Infatti il modo di lavorare ‘milanese’ è stato così ben assimilato dal nostro da sembrare connaturato alla sua personalità. In realtà, da vero professionista stakanovista qual è, il nostro ha adottato tempi e ritmi del lavoro lombardo da subito, avendo capito (il ragazzo è perspicace) che per stare sulla difficile e concorrenziale piazza dei milanesi è necessario essere come loro: precisi, puntuali, di parola, preparati, attrezzati e via dicendo. Il colmo è che, anno dopo anno, non solo il nostro si è calato profondamente nella milanesità, ma ci ha preso gusto, come si suole dire. Motivo per cui nella variopinta umanità dell’Urbe, in cui è nato, non sarebbe più a suo agio; quando gli ho chiesto seriamente perché non lavori anche a Roma, dove uno come lui servirebbe come il pane, il nostro professionista naturalizzato milanese mi ha detto “chissà, in futuro potrebbe essere”. Il mix di animo romano ed efficienza milanese è senz’altro vincente, vuol dire avere la tenacia di trovare le risorse quando sembrerebbe impossibile, di superare un ostacolo che chiunque giudicherebbe insormontabile. Questo è il suo carattere: l’aveva sempre avuto probabilmente, ma solo la spietata concorrenza mila-nese glielo ha fatto scoprire. Il nostro si conosceva, eccome, ma non si era mai saputo così come poi è diventato, cambiando città. Per le sue prerogative è l’uomo giusto al posto giusto (anche in quello sbagliato, tanto non si perde d’animo). Better call Zampetti, parafrasando una citazione da una famosa serie tv americana. Ci sono due parole che trovate in ogni pagina di giornale al mondo: cosa e casa. In italiano suonano così vicine, una sola vocale di differenza, quattro sole lettere. Hanno una miriade di significati, in senso letterale e in senso lato. Casa è il termine più comprensibile al mondo, da chiunque, come lo sono cibo, acqua, terra. Ai tempi dei romani la casa come la intendiamo oggi era la domus, mentre la capanna semplice era appunto la casa.

ECCO: QUESTA PROPRIETÀ È UN PERLA INCASTONATA NELLA VITA DI MILANO.

Dal latino domus derivano parole di uso molto frequente: donna – per esempio – è la contrazione del latino domina, padrona, che viene da domus. Se i francesi con femme e gli spagnoli con mujer indicano semplicemente l’essere umano di sesso femminile, gli italiani del dolce stil novo, molto più galanti, coniano il termine donna in quanto padrona di casa, quella che oggi chiameremmo manager. Abbiamo fatto un salto nella storia e nel mondo, inseguendo i significati della parola casa. Che rimane il simbolo della vita umana, la distinzione tra gli esseri umani e gli animali, perché l’uomo nasce in una casa e ne cercherà una dove abitare. Insieme con la natura che lo circonda, il bambino crescerà in una casa, che formerà il suo carattere e il suo senso estetico, nel bene e nel male.

FABRIZIO ZAMPETTI

All’insegna del bello

Alessandro Feroldi – foto: Sheila Rock

Alessandro Feroldi, scrittore e giornalista, racconta
Fabrizio Zampetti, la sua esperienza e la sua Milano.
Con le esclusive fotografie di Sheila Rock, vera icona della fotografia mondiale che ha ritratto Anthony Hopkins, Richard Branson, Sting, Paul Weller, Enya, Yossou N’Dour, Sinead O’Connor, Placido Domingo e tanti altri, e bellissime immagini storiche di Milano il libro è un racconto di vita, la storia di un uomo che ha fatto della sua carriera un vanto e che ogni giorno fa della ricerca del bello una missione.

Per Fabrizio Zampetti “All’insegna del bello” è un motto: da vent’anni – metà della sua vita – si occupa di case, facendo incontrare desideri, psicologie, attitudini, propensioni, gusti di coloro che una casa la cercano o la vendono. Un lavoro da mille sfaccettature, che richiede un equilibrio professionale e umano notevole: perché la casa non è un oggetto da vendere o comprare, ma un oggetto che contiene tutti gli oggetti. Che tutti vorremmo soprattutto bello. Anche nelle scelte musicali va sul vintage, principalmente jazz e swing, ma quelli dei primi tempi, e ricadiamo negli Anni 30. Sulla musica non transige, sempre alla ricerca del vintage, dell’originale, non ama le imitazioni, le cover. Se gli fate scegliere una versione del celeberrimo ‘The way you look tonight’, sicuramente preferirà la prima uscita al pubblico, nel 1936, quando nel film ‘Swing time’ (‘Follie d’inverno’ nelle sale italiane) un innamorato Fred Astaire la canta al pianoforte a Ginger Rogers. I vestiti di Fred Astaire sono un mito per lui, non meno dei modi delle commedie americane di quei tempi, ben lontane dalla volgarità e dalla violenza delle pellicole attuali. E a proposito di ‘look’, sicuramente è molto attento all’immagine, all’abbigliamento, all’accostamento di colori: non per vanità o esibizionismo, ma perché del contatto con il pubblico dei suoi clienti ha una cura maniacale, detesta l’approssimazione e la sciatteria. Se è vero che l’abito fa il monaco, il nostro si presenta sempre come andasse a un ricevimento al Quirinale o alla Casa Bianca. Non a caso citiamo il palazzo di 1300 stanze dei Papi – ora della Repubblica – di 110.500 metri quadrati di superficie, contro 1/20. mo di dimensioni rispetto alla White House. Non a caso, dicevamo, perché il nostro se ha qualcosa di esterofilo sarà più per gli Stati Uniti e non per l’Europa. Anche per lavoro, dopo Milano preferisce sicuramente New York o Miami a Parigi e Londra

La Famiglia

Per Fabrizio Zampetti la famiglia è un’istituzione, non meno che il suo lavoro, o la sua casa. Come per l’abbigliamento ha un rispetto totale, ritenendo di presentarsi con la massima cura anche nell’aspetto, così la famiglia è una sorta di abito che indossa con orgoglio. Zampetti è un classico, in tutti i suoi lati esistenziali, all’insegna del bello.
La sua famiglia
– i genitori, la sorella, la moglie e i figli –
è la cosa più bella che ha.

Le sue grandi passioni sono il calcio, i vestiti e gli Anni 30.
Predilige tutto degli Anni ’30, di quel decennio all’insegna del bello, della raffinatezza, con i materiali delle migliori qualità, con un rispetto dell’educazione e dell’etichetta come fosse ancora una stagione delle corti aristocratiche. “Entre les deux guerres” era definito un tempo questo periodo sospeso tra guerre mondiali spaventosi per numero di morti e di danni economici, per ampiezza di distruzioni sotto i bombardamenti.

Il bianco e nero magico dei film di Hollywood, l’atmosfera del Grande Gatsby, il jazz e lo swing. È affascinato da tutto quello che ruota intorno a quegli anni, quando ogni oggetto – dal più piccolo a quello di dimensioni industriali – era costruito con materiali rigorosamente naturali, senza plastica né surrogati chimici di legno e ferro. Legno, ferro, cemento, vetro, resine, lacche, pelle: dalle scarpe ai vestiti, dalla scrivania a un grattacielo, erano tutte assolutamente e rigorosamente materie prime naturali.