ADELE CERAUDO

COME IN ATTESA | DEDICATO A MIO PADRE
Testo di Paola Dongu – Foto di Giovanni Perfetti

Paola Dongu: conosco Adele da anni e, oltre ad essere (letteralmente) una stra-ordinaria Artista, per il suo particolarissimo “Modus Operandi”, è anche una cara amica. Ci sentiamo per telefono però, è un periodo particolare per lei e lascerò che si racconti:
Adele Ceraudo: la mia vita ha sempre ruotato, e continua a farlo, attorno a tre elementi fondamentali:
L’Amore: donato, ricevuto o mancato. Dalla mia famiglia in primis, poi dal resto dal mondo.
Gli Incontri: potenti, devastanti, di grande e ambiguo arricchimento.
L’Arte: il dono, che posseggo, di trasformare ogni evento o emozione in creazione artistica.
L’Arte (in me), ovvero La capacità innata di “Trasformare il Veleno in Medicina”.
Paola Dongu: così, presento Adele Ceraudo. Artista. Attrice, performer e modella. Creatrice ed interprete delle sue idee-immagine, sempre legate alla figura ed al racconto femminile.
Riconosciuta ed apprezzata come disegnatrice (e ritrattista) dal segno maniacale, accuratissimo, d’altri tempi. Adele disegna esclusivamente con la penna biro più conosciuta al mondo, trasformandola in strumento d’Arte: la penna Bic. Nata e cresciuta in Italia, tra Cosenza – sua città natale – e Catania, Firenze e Roma. Da qualche anno vive a Milano, dove ha la sua casa-studio che è anche atelier espositivo.
Adele Ceraudo: disegno da quando ero bambina, mia madre dice da prima che imparassi a scrivere. Poi, lo sport, la danza e la ginnastica artistica, hanno da sempre modellato il mio corpo e la mia indole, insegnandomi disciplina e competizione. Anche la rappresentazione teatrale, la messa in scena, la recitazione, la dote naturale di diventare qualcun altro, sin dalle scuole elementari, hanno accompagnato il mio cammino. Il primo ruolo interpretato: la Vergine Maria (personaggio spesso presente nella mia poetica; opera reinterpretata e realizzata, prima fotograficamente con il regista e fotografo Alessandro Rossellini, poi come disegno a penna Bic ed infine in alcune versioni “quadro”).

MI PRENDO CURA DI ME, DELLA MIA FELICITÀ E DEI MIEI SOGNI, LO FACCIO PER ME STESSA SÌ MA ANCHE PER LE MIE DUE DONNE E PER TUTTE LE DONNE DEL MONDO.
LO FACCIO CON TUTTO CIÒ CHE MI HA INSEGNATO PAPÀ, VEDENDO, ADESSO, SOLO IL SUO SORRISO.

Paola Dongu: oggi Adele è in giro, di continuo, per l’Italia, l’Europa e il mondo. Spesso invitata da Istituzioni o da privati, come eccellenza italiana, mano rinascimentale, capace di tratteggiare forme classiche e contemporanee, d’ispirazione biblica, divina o pagana, utilizzando il suo stesso corpo come medium comunicativo, un corpo che “a me è sempre parso, e che ho sempre sentito, come nato per l’Arte”.
Adele Ceraudo: da bambina non parlavo volentieri. Preferivo disegnare, continuamente e su ogni superficie che secondo me fosse disponibile. In casa c’era, naturalmente una ‘Bic’, con cui mi divertivo a ritrarre papà, seduto in poltrona con le gambe accavallate intento a leggere il giornale. Disegnavo lui, i suoi occhiali da vista modello Rayban, e la pipa che teneva in mano. Una delle tante regalategli da me e mia sorella Sandra, per ogni celebrazione o festività.
Era il mio idolo il mio papà, ed era anche il mio allenatore. Fu lui a lanciarmi in mare per insegnarmi a nuotare. Fu lui a spingere la mia bicicletta tremolante perché imparassi ad andarci senza rotelle. Fu lui a mettermi sugli sci, prima da fondo poi da discesa, lui che mi portò a scalare i monti della Sila e sul Pollino. Mi “teneva” il tempo nella corsa e nel pattinaggio. Mi accompagnava a scuola di tennis.
Ed era severo, molto severo, soprattutto per ciò che riguardava lo studio e la scuola.
Irreprensibile ed autoritario…io odiavo andare a scuola. Fu un trauma, per papà, quando volli trascurare lo sport per l’Arte, per il Liceo Artistico.
Sino ai 14 anni ero stata il suo figlio prediletto, un maschiaccio dedito allo sport e all’obbedienza. Ma cambiai, sbocciai. L’Arte era il mio mezzo d’espressione e finalmente si era rivelata. Abbandonai la disciplina, il rigore, la severità. Andai contro l’imposizione educativa cattolica, e la sua castità. Andai contro il frustrante patriarcato e quel maschilismo che mi voleva buona e brava in tutto, programmata al matrimonio, educata, composta e silenziosa. Il mio corpo fiorì, diventai donna tutto d’un tratto: bella, alta e statuaria, potente, talentuosa e molto, forse troppo, curiosa e attratta dall’altra parte della vita, quella oscura e senza regole.

Da quel momento in poi feci di tutto per punire quel padre che, pensavo, avesse tarpato le mie ali femminili. Quel padre che, in fondo, non era riuscito a suggerirmi nessun’altra narrazione possibile, magari votata a quella vita vera che istintivamente cercavo. Mi aveva, inconsapevolmente, cresciuto come un ragazzo, insegnandomi a combattere e a vincere ma per obiettivi che non erano i miei.
Negli anni a seguire, nonostante il male che ho inflitto al mio corpo, l’Arte è stata faro e medicina. Forgiato e fortissimo, ha sostenuto ogni colpo inferto, ogni estrema tensione…
Sempre lontana dalla famiglia, sempre alla ricerca di nuove esperienze: umane, sessuali e sintetiche, ero contro ogni convenzione, consuetudine, contro tutto ciò che potesse somigliare al concetto di “normalità”. Sono caduta mille volte, rompendomi la testa, sbucciandomi ginocchia e gomiti, versando infinite lacrime per i miei infiniti fallimenti. Ad ogni caduta c’è sempre stato mio padre a raccogliermi, ad aiutarmi a guarire le ferite per poi rigettarmi in acqua. Nessuna scusa: volere è potere, diceva Lui. Ed io, per questo, l’ho quasi odiato ancor di più.
Ora che non c’è, mi sembra di non sentire più nulla. “Grazie” alla pandemia, nell’ultimo periodo sono tornata a Cosenza, spesso, spessissimo. Sapevo, sentivo che qualcosa stava cambiando…stava finendo.
Mio padre non stava bene già da molto tempo ma io non volevo accettarlo. Il mio corpo invece, ha risposto senza esitare al dolore, all’ansia e all’attesa.
Il corpo perfetto e mio strumento di lavoro, modello delle mie opere, si è rifiutato di ricevere qualunque gentilezza, cura o accortezza. E gli ho imposto ogni genere di negligenza.
Non mi sono lasciata andare, io l’ho deciso. Sono aumentata di 10 kg e fregandomene (ma assieme soffrendone) dei giudizi delle persone, anche di quelle care, che mi hanno sempre avuto e voluta perfetta, ne ho messi altri 10. Poiché, ciò che ho dentro, da sempre viene espresso dal mio fuori. Il mio corpo, manifesta ciò che provo. Mi sono nascosta all’Arte, alla fotografia, alla rappresentazione, al mondo. Vergognandomi, odiando e disprezzando quella mia nuova fisicità, per poi quasi compatirla, accettandola. Mi sono dedicata unicamente all’altro mio amore: gli Incontri, reali o poetici, rappresentati dai miei ritratti a penna Bic. Dall’amato Giovanni Gastel (con il quale ci scambiammo i reciproci ritratti) a Ennio Morricone (che incontrai anni fa durante una mia mostra e, vedendo le mie opere mi baciò la mano chiamandomi Maestro); da Frida Kahlo a Marcel Duchamp, Modigliani, Boccioni o la mia tenera madre…ritraevo altro da me mantenendo la mano felice ed il cuore vivo.
Pochi giorni prima che mio padre ci lasciasse, ho deciso di trasformare in Arte questo particolarissimo e intenso momento esistenziale. Ho deciso di raccontare il mio cambiamento: se ero così, doveva esserci un perché e, soprattutto, doveva avere uno scopo.
Paola Dongu: Adele ha dato vita alla nuova e inaspettata collezione COME IN ATTESA, diventando bellezza e dolcezza, Arte in un corpo nuovo, morbido, accogliente…quasi materno. Bella come può essere bella una madre in attesa.
Adele Ceraudo: non soffro più l’attesa, l’ansia, la paura di perdere mio papà. Lui è dentro di me, ovunque mi trovi, anche più di prima. Adesso sono Madre di me stessa, di mia madre e di mia sorella.
Disegno, sogno, creo e preparo mostre per l’Italia e per l’estero. Da Palermo a Hong Kong, da Cosenza a Milano. Mi prendo cura di me, della mia felicità e dei miei sogni, lo faccio per me stessa sì ma anche per le mie due donne e per tutte le donne del mondo. Lo faccio con tutto ciò che mi ha insegnato papà, vedendo, adesso, solo il Suo sorriso.
È tutto per te, padre mio. Con amore, Adele tua.
Paola Dongu: grazie di cuore Adele, sei immediata, trasparente, commovente, sincera…sei tu.